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      Per il timore di stancare o d'importunare l'ammalato, si metteva dietro le spalle di lui per sorridergli; era contento, gaio, estasiato, affabile, giovane. I suoi capelli bianchi aggiungevano una dolce maestà alla gaia luce che gli si spandeva sul volto. La grazia congiunta alle rughe, è adorabile; v'è non so quale aurora in una vecchiezza fiorente.
      Quanto a Mario, pur lasciandosi medicare e curare, aveva un'idea fissa: Cosette.
      Da quando la febbre e il delirio l'avevano abbandonato, non pronunciava più quel nome, e si sarebbe potuto credere che non vi pensasse più; invece stava zitto, perché la sua anima era tutta in quel pensiero.
      Egli non sapeva più che fosse accaduto di Cosette e tutta la faccenda di via Chanvrerie era come una nube nella sua memoria: ombre quasi indistinte, Eponina, Gavroche, Mabeuf, i Thénardier, tutti i suoi amici, confusamente immersi nel fumo della barricata, galleggiavano nella sua mente; lo strano passaggio di Fauchelevent in quella cruenta avventura gli faceva l'effetto d'un enigma nella tempesta; non comprendeva nulla della propria vita, non sapeva come, né per opera di chi, fosse stato salvato, e nessuno, intorno a lui, lo sapeva. Tutto quel che avevan potuto dirgli, era che l'avevan portato in via Filles du Calvaire di notte, in una carrozza pubblica. Passato, presente, avvenire, tutto in lui era soltanto nebbia d'una vaga idea; ma in quella nebbia v'era un punto immobile, un lineamento netto e preciso, qualche cosa di granito, una risoluzione, una volontà: ritrovare Cosette.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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