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      Quel capitale, seicentotrentamila franchi, tutti in biglietti di banca, occupava poco spazio e ci stava in una scatola; solo, per preservare la scatola dall'umidità, l'aveva posta in un cofanetto di quercia, pieno di trucioli di castagno, e, in quello stesso cofanetto, aveva posto l'altro suo tesoro, i candelieri dei vescovo. Il lettore ricorderà ch'egli aveva portato con sé quei candelieri, allorché era fuggito da Montreuil a mare. L'uomo che Boulatruelle aveva scorto una prima volta, era Jean Valjean; più tardi, ogni qual volta Jean Valjean aveva bisogno di danaro, si recava a prenderlo nella radura di Blaru. Questo spiegava le assenze di cui parlammo. Teneva nascosta fra le eriche, in un luogo noto a lui solo, una zappa. Quando vide che Mario entrava in convalescenza, sentendo avvicinarsi l'ora in cui quel denaro avrebbe potuto essergli utile, era andato a ritirarlo; ed era proprio lui che Boulatruelle aveva visto nel bosco, di mattina, stavolta, invece che di sera. Boulatruelle ereditò la zappa.
      La somma reale era di cinquecentottantaquattromila cinquecento franchi. Valjean tenne i cinquecento franchi per sé. «Dopo, vedremo», pensò.
      La differenza fra quella somma ed i seicentotrentamila franchi ritirati da Lafitte rappresentavano la spesa di dieci anni, dal 1823 al 1832; i cinque anni di soggiorno nel convento eran costati solo cinquemila franchi.
      Valjean collocò i due candelieri d'argento sul camino, dove essi sfolgorarono, con grande ammirazione di Toussaints.
      Del resto, Valjean sapeva d'esser liberato da Javert.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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