E sapete a che cosa si arriva, con codesta maestą? Ad esser piccini. Imparate questo: che la gioia non č soltanto gioconda, ma č grande. Amatevi dunque allegramente, che diavolo! Sposatevi, quando vi sposate, colla febbre e lo stordimento e col baccano e la gazzarra della felicitą! Gravitą in chiesa, passi; ma non appena la messa č finita, cospettaccio, bisognerebbe far turbinare un sogno intorno alla sposa. Un matrimonio dev'essere regale e chimerico, deve trasportare la cerimonia dalla cattedrale di Reims alla pagoda di Chanteloup. Mi fa orrore una cerimonia nuziale terra terra; perbacco baccone! Siate nell'olimpo, almeno quel giorno: siate dči. Ma! Si potrebbe esser silfidi, si potrebbe essere il Gioco e il Riso, essere gli argiraspidi; e invece si č solo dei veri gaglioffi! Amici miei, ogni novello sposo deve essere il principe Aldobrandini; approfittate di quest'unico istante della vita per involarvi nell'empireo coi cigni e le aquile, salvo a ricadere il giorno dopo nella borghesia delle rane. Non fate la minima economia sull'imeneo, non tosate i suoi splendori; non risparmiate il quattrino, il giorno in cui siete felici. Le nozze non sono la vita di famiglia. Oh! Se facessi a modo mio, sarebbe una galanteria: si sentirebbero i violini fra gli alberi. Ecco il mio programma: cielo azzurro e denari. Farei entrare nella festa le divinitą agresti, convocherei le driadi e le nereidi: sarebbero le nozze d'Anfitrite, in una nuvola rosea, con ninfe dai bei capelli e tutte nude, un accademico che offrisse quartine alla dea, e un carro tirato da mostri marini.
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