La moda del matrimonio, nel 1833, non era quale è oggi. La Francia non aveva ancora copiato dall'Inghilterra quella suprema delicatezza del rapire la propria moglie, di scappar via all'uscita dalla chiesa, di nascondere con vergogna la propria felicità e di metter d'accordo il comportamento d'un bancarottiere colle estasi del cantico dei cantici. Non si era ancora compreso quanto sia casto, delicato e decente far sobbalzare il proprio paradiso in una carrozza da viaggio, nell'intromettere nel mistero dei colpi di frusta, nello scegliere un letto nuziale d'albergo e nel lasciarsi alle spalle, nella banale alcova ad un tanto per notte, il più sacro ricordo della vita, alla rinfusa col colloquio del postiglione della diligenza e della serva dell'albergo.
In questa seconda metà del secolo decimonono in cui viviamo, il sindaco colla sua sciarpa, il prete colla pianeta, la legge e Dio, non bastano più, bisogna completarli col postiglione di Longjumeau, dalla giubba verde con i risvolti rossi e dai bottoni a forma di sonaglio, il bracciale di metallo, i calzoni di pelle verde, le bestemmie contro i cavalli normanni dalla coda legata, i finti galloni, il cappello lucido, i folti capelli incipriati, l'enorme frusta ed i solidi stivali. La Francia non spinge ancora l'eleganza come fa la nobility inglese, fino a far piovere sulla carrozza da viaggio degli sposi una grandine di pantofole scalcagnate e di vecchie ciabatte, in memoria di Churchill, poi Marlborough, o Malbruck, assalito il giorno delle sue nozze da una zia iraconda, che gli portò fortuna.
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