Gli scrosci di pioggia avevan bagnato la carrozza, aperta; e poiché il vento di febbraio non è caldo, la pescivendola, scollata, mentre rispondeva allo spagnuolo, tremava dal freddo, rideva e tossiva.
Ecco il dialogo:
«Di', guarda!»
«Cosa, papà?»
«Vedi quel vecchio?»
«Quale?»
«Là, nella prima carretta del corteo, dalla nostra parte.»
«Col braccio infilato in una cravatta nera?»
«Sì.»
«Ebbene?»
«Sono certo di conoscerlo.»
«Ah!»
«Che mi falcino il collo e voglio non aver mai detto in vita mia né voi, né tu, né me, se io non conosco quel parigino.»
«Oggi Parigi è veramente Pantin.»
«Puoi veder la sposa chinandoti?»
«No.»
«E lo sposo?»
«Lo sposo non c'è in quella carretta.»
«To'!»
«A meno che non sia l'altro vecchio.»
«Cerca dunque di vedere la sposa, chinandoti bene.»
«Non posso.»
«Fa lo stesso. Sono sicuro di conoscere quel vecchio, quello che ha qualcosa alla zampa.»
«E a che ti serve, il conoscerlo?»
«Non si sa mai. Alle volte…»
«Io me ne infischio, dei vecchi.»
«Ma io lo conosco.»
«Conoscilo finché ti piace.»
«Come mai è qui ad uno sposalizio?»
«Non ci siamo anche noi?»
«Di dove viene, quel corteo?»
«Che ne so io?»
«Senti.»
«Cosa?»
«Dovresti fare una cosa.»
«Quale?»
«Scendere dalla nostra carrozza e pedinare quel corteo.»
«Ed a che scopo?»
«Quello di sapere dove va e di chi si tratta. Scendi svelta e corri, figlia mia, tu che sei giovane.»
«Non posso abbandonare la carrozza.»
«E perché?»
«Sai bene che oggi sono impegnata.»
«È vero, perdiana!»
«Sai che la prefettura mi paga la mia giornata di pescivendola.»
«È vero.»
«Se abbandono la carrozza, il primo ispettore che mi vede m'arresta; e tu lo sai.
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Parigi Pantin
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