Poco dopo mezzanotte, casa Gillenormand divenne un tempio.
Qui ci fermiamo. Sulla soglia della prima notte nuziale sta ritto in piedi un angelo sorridente, col dito sulle labbra.
L'anima entra in contemplazione, davanti a quel santuario in cui si compie la celebrazione dell'amore.
Sopra quelle case v'è certo qualcosa che risplende; la gioia ch'esse contengono deve sfuggire attraverso le pietre dei muri sotto forma di luce e solcare vagamente di raggi le tenebre, poiché è impossibile che questa festa sacra e fatale non mandi un celeste raggio all'infinito. L'amore è il crogiuolo sublime in cui si compie la fusione dell'uomo e della donna; ne escon l'essere unico, triplice, finale, la trinità umana. Questa nascita di due anime in una dev'essere per l'ombra una commozione. L'amante è sacerdote; la vergine estasiata si spaventa, e qualche cosa di quella gioia va a Dio. Dove è davvero matrimonio, ossia dove è l'amore, l'ideale si mette di mezzo. Un letto nuziale costituisce nelle tenebre un canto di aurora; e se fosse dato alla vista umana percepire le visioni formidabili e incantevoli della vita superiore, probabilmente si vedrebbero chinarsi i fantasmi della notte, gli ignoti alati, i celesti viandanti dell'invisibile folla di teste cupe, intorno alla casa luminosa, soddisfatti e benedicenti, mostrandosi l'un l'altro la vergine sposa, dolcemente sgomenti nel riflesso della felicità umana sui volti divini. Se in quell'ora suprema i due sposi, immersi nella voluttà e sicuri d'esser soli, ascoltassero, sentirebbero nella loro camera un confuso brusio d'ali.
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Gillenormand Dio
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