Pagina (1788/1886)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Una volta che la chiusa delle lagrime fu sollevata, il disperato si contorse.
      Si sentiva incapace di proseguire.
      Ahimè! In quel pugilato ad oltranza fra il nostro egoismo e il nostro dovere, allorché indietreggiamo così passo passo davanti al nostro ideale incommutabile, smarriti, accaniti, esasperati d'aver ceduto, disputando il terreno, sperando in una fuga possibile, cercando un'uscita, quale brusca e sinistra resistenza ci offre, dietro di noi, la base del muro!
      Sentire l'ombra sacra che fa ostacolo, sentire l'invisibile inesorabile, oh! quale ossessione!
      Ma dunque non si è mai finito colla coscienza? Rassegnati, Bruto, rassegnati, Catone; essa è senza fondo, è Dio. Si butta in quel pozzo il lavoro di tutta la vita, la propria fortuna, vi si getta la propria ricchezza, il successo, vi si getta la libertà e la patria, vi si getta il benessere, il riposo, vi si getta la felicità. Ancora, ancora, ancora! Vuotate il vaso! Chinate l'urna! Bisogna finire per gettare il cuore.
      V'è in qualche luogo, fra la nebbia del vecchio inferno, una botte simile a questa.
      Ma infine, non è perdonabile rifiutare? Forse l'inesauribile può avere un diritto? Le catene senza fine non sono al disopra della forza umana? Chi dunque biasimerebbe Sisifo e Valjean per aver detto: «Basta?»
      L'ubbidienza della materia è limitata dall'attrito; ma non v'è dunque un limite all'ubbidienza dell'anima? Se il moto perpetuo è impossibile, si può esigere il sacrificio perpetuo?
      Il primo passo non è nulla: è l'ultimo che è difficile.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Bruto Catone Dio Sisifo Valjean