Non mi chiamo Fauchelevent, mi chiamo Jean Valjean, e non sono nulla per Cosette. Rassicuratevi.»
Mario balbettò:
«E chi me lo prova?»
«Io, dal momento che lo dico.»
Mario guardò quell'uomo. Era triste e tranquillo, nessuna menzogna poteva uscire da siffatta calma, poiché quel che è gelido è sincero. S'intuiva il vero, in quella freddezza di tomba.
«Vi credo,» disse Mario.
Valjean chinò il capo, come per prenderne atto, e continuò:
«Chi sono, per Cosette? Un passante. Dieci anni or sono, non sapevo che esistesse. L'amo, è vero; quando si è veduta una bimba piccina e si è già vecchi, la si ama; quando si è vecchi, ci si sente nonni per tutti i bimbi. A quanto mi sembra, potete supporre ch'io abbia qualche cosa che assomigli ad un cuore. Era orfana, senza papà né mamma, ed aveva bisogno di me: ecco perché mi son messo ad amarla. Son così deboli i fanciulli, che il primo venuto, perfino un uomo come me, può essere il loro protettore. Io ho adempiuto questo dovere nei confronti di Cosette. Non credo che una sì piccola cosa possa davvero chiamarsi una buona azione; ma se è una buona azione, ebbene, tenete presente che l'ho compiuta, e registrate questa circostanza attenuante. Oggi Cosette lascia la mia vita e le nostre strade si separano; ormai, non posso più far nulla per lei. Ella è la signora Pontmercy; la sua provvidenza è cambiata, e Cosette ci guadagna nel cambio: benissimo. Quanto ai seicentomila franchi, voi non me ne parlate, ma io prevengo il vostro pensiero: sono un deposito.
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