Come mai quel deposito si trovava nelle mie mani? Che importa? Io restituisco il deposito e quindi non v'è nulla da chiedermi; e completo questa restituzione col dire il mio nome. Anche questo riguarda me; ci tengo a che voi sappiate chi sono.»
E Valjean guardò Mario in faccia.
Mario provava un tumulto di incoerenti pensieri. Certe ventate del destino producono siffatte ondate nell'anima.
Ognuno di noi ha avuto simili momenti di turbamento, in cui tutto si disperde in noi, in cui diciamo la prima cosa che ci capita, non sempre proprio quella che vorremmo dire. Vi sono rivelazioni che non è possibile sopportare e che ci ubriacano come un vino funesto; e Mario era così stupefatto della nuova situazione che gli andava apparendo, da giunger quasi a parlare a quell'uomo come fosse con lui in collera per quella confessione.
«Ma infine,» esclamò «perché mi dite tutto questo? Chi vi costringe a farlo? Potevate tenere per voi il vostro segreto; ch'io sappia, non siete né denunciato, né inseguito, né minacciato. Dovete avere una ragione per fare così a cuor leggero una simile rivelazione. Ci dev'essere dell'altro: continuate. A quale scopo fate questa confessione? Per quale motivo?»
«Per quale motivo?» rispose Valjean, con una voce tanto bassa e tanto sorda, che si sarebbe detto parlasse più a se stesso che a Mario. «Per quale motivo, infatti, codesto viene a dire: Sono un galeotto? Ebbene, sì; per un motivo strano, per onestà. Vedete? Quel che è doloroso, è un filo che ho nel cuore e mi tiene legato; e codesti fili sono tanto più solidi, quanto più si è vecchi.
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