Cosa state lì a fare, zitto zitto, invece di prendere le mie parti? Chi m'ha dato un padre così? Vedete bene che sono sfortunata nel matrimonio: mio marito mi picchia. Suvvia, abbracciatemi subito.»
Valjean s'avvicinò, mentre Cosette si volgeva verso Mario.
«A voi,» gli disse «una bella smorfia.»
Poi porse la fronte a Valjean, il quale fece un passo verso di lei. Ma in quel momento Cosette indietreggiò:
«Siete pallido, babbo. Vi fa forse male il braccio?»
«È guarito,» disse Valjean.
«Avete dunque dormito male?»
«No.»
«Siete triste, allora?»
«No.»
«Datemi un bacio. Se state bene, se dormite bene, se siete contento, non vi sgriderò.»
E gli porse di bel nuovo la fronte, in cui v'era come un riflesso celeste e sulla quale Valjean depose un bacio.
«Sorridete.»
Jean Valjean ubbidì col sorriso d'uno spettro.
«Ed ora difendetemi contro mio marito.»
«Cosette!...» fece Mario.
«Sgridatelo, babbo. Ditegli che io debbo rimanere. Si può ben parlare davanti a me; mi trovate dunque così sciocca? Chissà che cose straordinarie dovete dire! Gli affari, il collocamento del denaro presso una banca, che grande cosa! Gli uomini fanno i misteriosi per niente. Voglio restare; sono graziosissima, stamattina. Guardami, Mario.»
E, con un'adorabile alzata di spalle ed una deliziosa stizza, guardò Mario. Vi fu fra quei due esseri come un lampo: poco importava che qualcuno fosse presente.
«T'amo!» disse Mario.
«T'adoro,» disse Cosette.
E caddero irresistibilmente l'uno nelle braccia dell'altra.
«Ed ora,» riprese Cosette, riassettando una piega dell'accappatoio con una mossetta trionfante «io resto.
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