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      «Oh, no!» rispose Mario, in tono supplichevole. «Abbiamo qualche cosa da finire.»
      «No, ancora?»
      Mario assunse un'inflessione di voce grave:
      «T'assicuro, Cosette, che è impossibile.»
      «Ah, voi fate la voce grossa, da uomo, signore. Benissimo, me ne andrò. Voi, babbo, non m'avete sostenuta; signor marito, signor babbo, siete due tiranni. Vado a dirlo al nonno. Se credete che torni per dirvi delle scempiaggini, vi sbagliate: sono fiera, io. Adesso sono io che v'aspetto; vedrete come v'annoierete, ora, da soli. Io me ne vado e faccio bene.»
      Ed uscì. Due secondi dopo, la porta si riaperse, la sua fresca testa vermiglia passò ancora una volta fra i due battenti, ed ella gridò:
      «Sono molto in collera.»
      La porta si richiuse e si rifece buio: era come se un raggio di sole fuorviato, avesse attraversato improvvisamente le tenebre.
      Mario s'assicurò che la porta fosse ben chiusa.
      «Povera Cosette,» mormorò. «Quando saprà...»
      A quella frase, Jean Valjean tremò tutto e fissò su Mario uno sguardo smarrito.
      «Cosette? È vero, sì; voi lo direte a Cosette. È giusto. To'! Non vi avevo pensato; si ha forza per fare una cosa, non se ne ha per farne un'altra. Signore, ve ne scongiuro, ve ne supplico, signore, datemi la vostra parola più sacra che non glielo direte! Non vi basta saperlo voi? Ho potuto dirlo io stesso, senza esservi costretto, e l'avrei detto all'universo, a tutti, poco importava; ma a lei! Ella non sa di che si tratti e si spaventerebbe. Come, un galeotto! Sarebbe necessario spiegarle, dirle: 'È un uomo che è stato in galera'. Un giorno, ha veduto passare la catena: oh, mio Dio!


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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