Basco tornò, depose sul camino una candela accesa e si ritirò. Valjean, la testa china e il mento sul petto, non s'accorse né di Basco né della candela.
Ad un tratto, si drizzò come di soprassalto. Cosette era dietro a lui; non l'aveva vista entrare, ma aveva sentito ch'era entrata. Si voltò e la contemplò. Era adorabilmente bella; ma ciò ch'egli guardava con quel profondo sguardo, non era già la bellezza, ma l'anima.
«Ma bene!» esclamò Cosette. «Questa è un'idea! Lo sapevo, babbo, che eravate strambo; ma non mi sarei mai aspettata una cosa simile. Mario m'ha detto che siete voi a volere ch'io vi riceva qui.»
«Sì, sono io.»
«M'aspettavo questa risposta. Contento voi... Ma v'avviso che vi farò una scenata. Incominciando dal principio: baciatemi, babbo.»
E gli porse la guancia. Ma Valjean rimase immobile.
«Non vi movete? Altra constatazione: atteggiamento da colpevole. Ma fa lo stesso, vi perdono. Gesù ha detto di tendere l'altra guancia: eccola.»
E tese l'altra guancia.
Jean Valjean non si mosse. Pareva avesse i piedi inchiodati al suolo.
«La cosa si fa seria,» disse Cosette. «Che vi ho fatto? Mi dichiaro in collera; e siccome mi dovete una riconciliazione, pranzerete con noi.»
«Ho già pranzato.»
«Non è vero. Vi farò sgridare dal signor Gillenormand: i nonni sono fatti apposta per sgridare i padri. Suvvìa, salite con me in salotto: subito.»
«Impossibile.»
A questo punto, Cosette perdé un poco terreno. Cessò d'ordinare e passò alle interrogazioni.
«Ma perché? E scegliete per vedermi la più brutta stanza della casa?
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