La sera, come il solito, Valjean si recò in via Filles du Calvaire. «La signora è uscita col signore e non è ancora ritornata,» gli disse Basco. Egli sedette in silenzio e aspettò per un'ora; ma Cosette non tornò. Egli chinò il capo e se n'andò.
Cosette era così inebbriata della sua passeggiata «al loro giardino» e tanto contenta «d'aver vissuto un giorno intero nel passato», che il giorno dopo non parlò d'altro e non s'accorse di non aver veduto Jean Valjean.
«In che modo siete andati laggiù?» le chiese Valjean.
«A piedi.»
«E come siete tornati?»
«In carrozza da piazza.»
Da qualche tempo Jean Valjean andava notando la vita modesta che la giovine coppia conduceva, e ne era seccato. L'economia di Mario era severa, e quella parola aveva per Valjean un significato assoluto. Egli arrischiò una domanda:
«Perché non tenete una carrozza vostra? un grazioso coupé vi costerebbe al più cinquecento franchi al mese; e voi siete ricchi.»
«Non lo so,» rispose Cosette.
«È come per Toussaints,» riprese Jean Valjean; «perché non l'avete sostituita, dopo che se n'è andata?»
«Nicoletta basta.»
«Ma vi occorrerebbe una cameriera.»
«E non ho Mario?»
«Dovreste avere una casa vostra, domestici vostri, una carrozza e un palco a teatro. Non v'è nulla che sia troppo bello, per voi; perché non approfittate che siete ricchi? La ricchezza va sempre bene, insieme alla felicità.»
Cosette non rispose nulla.
Le visite di Valjean non si accorciavano, anzi! Quando il cuor scivola, non ci si arresta sul pendio.
Allorché Jean Valjean voleva prolungare la sua visita e far dimenticare l'ora, tesseva l'elogio di Mario: lo trovava bello, nobile, coraggioso, fine, eloquente, buono.
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