«Ma come!» esclamò Cosette, nell'entrare. «Non una poltrona?! Ma dove sono le poltrone?»
«Non ci sono più,» rispose Valjean.
«Questa è grossa!»
Jean Valjean balbettò:
«Sono stato io a dire a Basco di portarle via.»
«E la ragione?»
«Oggi non mi fermo che pochi minuti.»
«Restar poco non è una ragione per stare in piedi.»
«Credevo che Basco avesse bisogno delle poltrone per il salotto.»
«Perché?»
«Avrete certo gente, stasera.»
«Non deve venir nessuno.»
Valjean non poté dire una sola parola; Cosette alzò le spalle.
«Far portare via le poltrone! L'altro giorno avete fatto spegnere il fuoco. Come siete strano!»
«Addio,» mormorò Jean Valjean.
Non disse: «Addio, Cosette;» ma non ebbe la forza di dire: «Addio, signora.» Ed uscì, accasciato.
Stavolta aveva capito.
Il giorno dopo non venne; ma Cosette se ne accorse solo a sera.
«To'!» disse. «Oggi il signor Jean non è venuto.»
Provò come una lieve stretta al cuore, ma non vi badò molto, distratta subito da un bacio di Mario.
Il giorno dopo di nuovo egli non venne. Cosette non vi badò; passò tranquillamente la sera, dormì bene la notte e vi pensò solo il giorno dopo. Era così felice! Mandò di buon mattino Nicoletta dal signor Jean, per sapere se fosse malato e perché non fosse venuto il giorno prima, e Nicoletta tornò colla risposta del signor Jean: non era ammalato, ma occupato, e sarebbe venuto presto, al più presto possibile; del resto, stava per fare un viaggetto, e la signora doveva ricordarsi ch'era abitudine di lui fare ogni tanto un viaggio; non fossero inquieti per lui e non pensassero affatto alla sua persona.
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