Arrivava fino in via Pavée, scuoteva la fronte e tornava indietro; poi non giunse al di là della via dei Tre Padiglioni; poi non oltrepassò i Blancs Manteaux. Lo si sarebbe detto una pendola non più ricaricata, le oscillazioni della quale andassero smorzandosi, in attesa di fermarsi del tutto.
      Ogni giorno, alla stessa ora, usciva di casa, cominciava lo stesso tragitto senza finirlo, anzi, forse inconsciamente, raccorciandolo sempre più. L'intero suo volto esprimeva un unico pensiero: «A che scopo?» La pupilla era spenta; nessuna luce, ormai. Anche la lagrima s'era disseccata e non s'accoglieva più nell'angolo della palpebra: quell'occhio pensoso era arido. La testa del vecchio era sempre protesa in avanti e il mento si muoveva ad intervalli; le pieghe del collo magro facevan compassione. Talvolta, quando il tempo era brutto, portava sotto il braccio un ombrello, che non apriva mai. Le buone donne del quartiere dicevano: «È uno scemo,» ed i fanciulli lo seguivano ridendo.
      LIBRO NONOSUPREMA OMBRA, SUPREMA AURORA
      I • PIETÀ PER CHI È FELICE, INDULGENZA PER CHI È INFELICEChe cosa terribile, esser felici! Come si fa presto ad accontentarsene, a trovare che basta! E come, essendo in possesso del falso scopo della vita, la felicità, se ne dimentica lo scopo vero, il dovere!
      Eppure, diciamolo, si avrebbe torto d'accusare Mario.
      Come abbiamo spiegato, Mario, prima del suo matrimonio, non aveva mai rivolto domande al signor Fauchelevent, e, dopo, aveva temuto di farne a Jean Valjean. Aveva rimpianto la promessa alla quale s'era lasciato trascinare, s'era molto detto d'aver avuto torto di fare quella concessione alla disperazione; ma s'era limitato ad allontanare a poco a poco Valjean dalla sua casa, ed a cancellarlo il più possibile dalla mente di Cosette.