«Ebbene, dottore?»
«Il vostro malato è grave»
«Cos'ha?»
«Tutto e nulla. Secondo tutte le apparenze, è un uomo che ha perduto una persona cara; e di queste cose si muore.»
«Cosa v'ha detto?»
«M'ha detto che stava bene.»
«Ritornerete, dottore?»
«Sì,» rispose il medico; «ma bisognerebbe che tornasse qualcun altro.»
III • UNA PENNA PESA A COLUI CHE SOLLEVAVA LA CARRETTA DI FAUCHELEVENT.
Una sera, Jean Valjean stentò a sollevarsi sul gomito. Si prese la mano e non sentì più il polso; la sua respirazione era breve e di tanto in tanto si fermava; e riconobbe d'esser più debole di quanto mai fosse stato. Allora, certo sotto la pressione di qualche preoccupazione grave, fece uno sforzo, si rizzò a sedere e si vestì. Indossò il vecchio abito da operaio che preferiva, da quando non usciva più, ed al quale era ritornato. Nel vestirsi, dovette interrompersi parecchie volte; solo per infilare le maniche del camiciotto, gli colava il sudore dalla fronte.
Da quando era solo, aveva messo il letto in anticamera, per abitare il meno possibile in quell'appartamento deserto.
Aperse la valigia e ne trasse il corredo di Cosette, che spiegò sul letto.
I candelieri del vescovo erano al loro posto, sul camino. Egli prese due candele di cera e le mise nei candelieri; poi, sebbene fosse ancora giorno chiaro (era estate), le accese. Si vedono talvolta simili torce accese in pieno giorno nelle stanze dove si trova un morto.
Ogni passo ch'egli faceva per andare da un mobile all'altro l'estenuava, costringendolo a sedersi.
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Jean Valjean Cosette
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