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Cosette aveva dato il braccio al nonno e faceva un giretto in giardino.
Una lettera, come un uomo, può avere una cattiva apparenza. Certe missive dalla carta e dalla busta grossolana spiacciono solo a vederle; e la lettera che Basco aveva recapitata era di quelle.
Mario la prese: puzzava di tabacco, e non v'è nulla che risvegli un ricordo, quanto un odore. Mario riconobbe quel tabacco. Guardò l'indirizzo: «Al signor, Signor barone Mario Pommerci — Nel suo palazzo» e il tabacco riconosciuto gli fece riconoscere la scrittura. Si potrebbe dire che lo stupore ha i suoi lampi; Mario fu come illuminato da uno di quei lampi.
L'odorato, misterioso ausilio della memoria, aveva fatto rivivere in lui tutto un mondo. Era proprio la stessa carta, lo stesso modo di piegarla, la stessa tinta sbiadita dell'inchiostro, la stessa calligrafia nota, e, soprattutto, lo stesso tabacco. Gli riappariva la tana dei Jondrette.
Dunque, strano colpo di testa del caso, una delle due tracce ch'egli aveva tanto cercato, quella per la quale anche ultimamente aveva fatti tanti sforzi e che credeva perduta per sempre, veniva ad offrirglisi da sé.
Dissuggellò avidamente la lettera e lesse:
«Signor barone,
«Se l'Essere Supremo men'avesse datto il talento, io avrei potuto essere il barone Thénardier, membro dell'Istituto (academia dele scienze) ma non lo sono. Porto solo lostesso nome suo felice se quel ricordo mi raccomanda all'eccellensa delle vostre bontà. La beneficenza di cui monorerete sarà reciproca; sono in posesso d'un segreto concernente un individuo e cuesto individuo vi concerne.
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Basco Mario Pommerci Mario Jondrette Essere Supremo Thénardier Istituto
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