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      Mario era rimasto pensoso. Finalmente aveva nelle unghie Thénardier. Quell'uomo, ch'egli aveva tanto desiderato di ritrovare, era lì presente; poteva quindi far onore alla raccomandazione del colonnello Pontmercy. Era umiliato che l'eroe dovesse alcunché a quel bandito e che la cambiale tratta dal fondo del sepolcro da suo padre su lui, Mario, fosse rimasta fino a quel giorno in protesto; ma gli pareva pure, nella complessa situazione in cui si trovava la sua mente nei confronti di Thénardier, che potesse esservi il modo di vendicare il colonnello della disgrazia d'esser stato salvato da un furfante. Come che fosse, era contento. Stava dunque per liberare da quell'indegno creditore l'ombra del colonnello e gli pareva di star togliendo dalla prigione per debiti la memoria di suo padre.
      A fianco di questo dovere ve n'era un altro; mettere in chiaro, s'era possibile, le origini della fortuna di Cosette. L'occasione pareva presentarsi e, forse, Thénardier ne sapeva qualche cosa. Poteva esser utile scrutare il fondo di quell'uomo, ed incominciò di là.
      Thénardier aveva fatto sparire «il foglio non da poco» nel taschino, e guardava Mario con una dolcezza quasi tenera.
      Mario ruppe il silenzio.
      «V'ho detto il vostro nome, Thénardier; volete ora che dica, a voi che venivate a rivelarmelo, il vostro segreto? Anch'io ho le mie informazioni, e vedrete che la so più lunga di voi. Jean Valjean, come avete detto, è un assassino e un ladro; un ladro, perché ha derubato un ricco industriale del quale ha provocato la rovina, il signor Madeleine; un assassino, perché ha assassinato l'agente di polizia Javert.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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