Ma il sorriso scomparve subito: l'inferiore, di fronte al superiore, deve avere un trionfo calmo; per cui Thénardier si limitò a dire a Mario:
«Signor barone, siamo sopra una falsa strada.»
E sottolineò questa frase, facendo fare al ciondolo un espressivo mulinello.
«Come!» ribatté Mario. «Contestereste una cosa simile? Questi sono fatti.»
«Sono chimere. La fiducia di cui il signor barone m'onora mi fa un dovere di dirglielo. Prima di tutto, la verità e la giustizia; non mi piace dover accusare ingiustamente le persone. Signor barone, Valjean non ha derubato Madeleine e non ha ucciso Javert.»
«Questa è grossa! E come mai?»
«Per due ragioni.»
«Quali? Parlate.»
«Ecco la prima: non ha derubato Madeleine, per il fatto che egli, Jean Valjean, è proprio Madeleine.»
«Cosa andate raccontandomi?»
«Ed ecco la seconda: egli non ha assassinato Javert, dato che ad uccidere Javert fu Javert stesso.»
«Che cosa volete dire?»
«Che Javert s'è suicidato.»
«Provatelo! Provatelo!» gridò Mario, fuori di sé.
Thénardier riprese, scandendo la frase alla guisa d'un alessandrino antico:
«L'agente - di polizia - Ja-vert - fu - trovato - an-ne-ga-to - sotto -una - chiatta - del - Ponte - del - Cambio.»
«Ma provatelo, dunque!»
Thénardier levò dalla tasca laterale una grande busta di carta grigia che pareva contenesse fogli di carta piegati, di varia grandezza.
«Ho il mio incartamento,» disse con calma.
E aggiunse:
«Signor barone, nel vostro interesse, volli conoscere a fondo il mio Jean Valjean; e vi dico che Jean Valjean e Madeleine sono lo stesso uomo, così come dico che Javert non ebbe altri assassini all'infuori di Javert.
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