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      Trovò quella chiave, aperse l'armadio, vi cacciò dentro il braccio, senza guardare e senza che il suo sguardo sgomento si staccasse dal cencio che Thénardier teneva spiegato.
      Intanto, Thénardier continuava:
      «Signor barone, ho forti ragioni di credere che il giovane assassinato fosse qualche opulento straniero, attirato in un agguato da Jean Valjean e latore d'una somma enorme.»
      «Il giovane ero io, ed ecco la giubba!» gridò Mario, gettando sull'impiantito una vecchia giubba nera tutta insanguinata. Poi, strappando il brandello dalle mani di Thénardier, si piegò sulla giubba e avvicinò alla falda tagliuzzata il lembo strappato: la laceratura combaciava perfettamente ed il pezzo completava la giubba.
      Thénardier, impietrito, pensò: «Sono fritto.»
      Mario si rialzò, fremente, disperato e raggiante. Si frugò in tasca e si diresse, furioso, verso Thénardier, presentandogli ed appoggiandogli quasi sul viso il pugno, pieno di biglietti da cinquecento e da mille franchi.
      «Voi siete un infame! Siete un mentitore, un calunniatore, uno scellerato. Venivate per accusare quell'uomo e l'avete giustificato; volevate perderlo, e siete soltanto riuscito a glorificarlo. Siete voi il ladro! Siete voi l'assassino! Vi ho visto, Thénardier Jondrette, in quella catapecchia di viale Ospedale; e ne so abbastanza sul vostro conto per mandarvi alla galera a vita e anche più lontano, se volessi! Prendete, eccovi mille franchi, sacripante che non siete altro!»
      E gettò un biglietto da mille franchi a Thénardier.
      «Ah, Jondrette Thénardier, vile furfante!


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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