«Sei tu! Sei qui! Tu mi perdoni, allora!»
Mario, abbassando le palpebre per impedire alle lagrime di scorrere, fece un passo e mormorò fra le labbra, convulsamente contratte per fermare i singhiozzi:
«Padre mio!»
«Anche voi mi perdonate?» disse Jean Valjean.
Mario non poté trovare una sola parola, e Valjean soggiunse: «Grazie.»
Cosette si strappò lo scialle e gettò il cappello sul letto.
«Mi danno impiccio,» disse.
E, sedendosi sulle ginocchia del vecchio, gli scostò i capelli bianchi con gesto adorabile, e lo baciò in fronte.
Valjean lasciava fare, smarrito; e Cosette, che capiva solo in confuso, accresceva le sue carezze, come se volesse così pagare il debito per Mario.
Jean Valjean balbettò:
«Che sciocco! Credevo di non vederla più. Immaginatevi, signor Pontmercy, che nel momento in cui siete entrato, stavo dicendo fra me: 'È finita. Ecco la sua vesticciuola; sono un miserabile e non vedrò più Cosette'. E lo dicevo proprio mentre voi salivate le scale! Com'ero stupido! Si è stupidi, alle volte. Ma si fanno i conti senza il buon Dio; il buon Dio dice: 'Tu pensi d'essere abbandonato, scioccone? Ma no, no, non andrà così. Suvvia: laggiù c'è un buon vecchio che ha bisogno d'un angelo'. E l'angelo viene ed ecco che si rivede Cosette, si rivede la piccola Cosette! Oh, quanto ero infelice!»
Rimase un momento senza poter parlare, poi proseguì:
«Avevo davvero bisogno di veder Cosette di tanto in tanto; anche il cuore vuole il suo osso da rosicchiare. Eppure sentivo benissimo ch'ero di troppo e cercavo di darmene ragione: 'Non hanno bisogno di te.
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