Ricorda questo nome, Fantine, e inginocchiati ogni qual volta lo pronuncerai; ella ha molto sofferto, ti ha molto amata ed ha avuto in dolore tutto ciò che tu hai in felicità. Così Iddio ripartisce i suoi doni; egli è lassù, ci vede tutti e sa quel che ci vuole, in mezzo alle sue grandi stelle. Sto per andarmene, figli miei. Amatevi tanto, sempre; al mondo non v'è nulla, all'infuori dell'amore reciproco. Penserete qualche volta al povero vecchio che è morto qui. O mia Cosette, non è stata colpa mia, no, se non t'ho vista in tutto questo tempo. Mi si spezzava il cuore; venivo fino all'angolo della tua via e dovevo fare uno strano effetto a quelli che mi vedevan passare: una volta, uscii senza cappello. Figli miei, ecco che incomincio a non veder più chiaro; avevo ancora qualche cosa da dire, ma fa lo stesso. Pensate un poco a me: voi siete esseri benedetti. Non so cos'abbia, ma vedo della luce. Avvicinatevi ancora. Muoio felice. Datemi le vostre teste adorate, affinché vi metta le mani sopra.»
Cosette e Mario caddero in ginocchio, smarriti, soffocati dal pianto, ciascuno sopra una delle mani di Jean Valjean: quelle mani auguste non si muovevano più.
Era rovesciato all'indietro e la luce dei due candelieri l'illuminava; la sua faccia bianca guardava il cielo, mentr'egli lasciava che Cosette e Mario gli coprissero le mani di baci: era morto.
La notte era senza stelle e profondamente scura. Nell'ombra, certo, stava ritto qualche angelo immenso, colle ali spiegate, ad attendere l'anima.
| |
Fantine Iddio Cosette Mario Jean Valjean Cosette Mario
|