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      Dirò uno zecchino. - «Ma badino» - dice il Re - «le pesan di molto.» - «Eh! - dice loro - «siamo in tre! Diamine, che in tre non s'abbiano a potere?» - E che ti fa, lui? S'attacca alla fune, al paniere; e su. Loro credon che le sian le fila d'oro che pesano e invece gli era il Re proprio. Loro, quando vedono che gli era un omo, loro non raccapezzano, no: lo volevan buttar di sotto. Ma lui disse: - «Ferme! sono il Re!» - e s'afferrò alla finestra. - «Avendo saputo che voi èrate sole, son venuto a farvi compagnia.» - Queste ragazze, potete comprendere, vergognate in quel momento, perchè poere; e dissero: - «Maestà, perdonate: noi siamo poere ragazze. Non vi si pol ricevere com'è il vostro merito. Ci vorrebbe altro!» - «Ah!» - dice - «Niente, niente! Io non ricerco la ricchezza. Io vengo da voi perchè di certo so che siete tanto bone ragazze. Ed io vengo per passare un'ora con voi. Quanto mi rincresce» - dice - «che non ci sia vostro padre! perchè io do tre festini: e m'incresce, perchè voi poerine non possiate venire.» - Le fanciulle gli fanno i complimenti: - «Troppo garbato, Maestà, troppo garbato.» - «Ma» - dice - «quando ci sarà vostro padre, io ne darò degli altri ed allora vo' ci verrete.» - Si trattenne un altro poco, un'altra mezz'ora, dirò; e poi gli dice: - «Addio, addio a domani.» - Si rimette nello stesso panierino, e loro lo ricalano con la stessa fune, come gli è salito. Lui va al palazzo e le ragazze rimangon lì chiacchierando di questa cosa. Dice la minore: - «Che credete che questa sera vo' non abbiate a calarmi?


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Maestà