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      E poi ho dato l'andare alle botti.» - Dice le sorelle: - «O cos'hai tu fatto!» - «Pensiamo a mangiare» - dice - «e non pensiamo ad altro.» - Venghiamo a Sua Maestà che di certo dopo aver ballato, ordina che gli sia messo in tavola: in tutti i festini ci è il suo buffè. Vanno i cuochi in cucina e trovan questo spettacolo. Rimangon più morti che vivi, addolorati molto, perchè non sapevan loro quel che dovevano andare a dire a Sua Maestà. Sua Maestà insisteva: - «Mettete in tavola!» - Allora un di quelli disse: - «Maestà, abbiate la bontà di venir con noi, e vedere la disgrazia che n'è seguita.» - «Ah bricconi!» - dice - «Traditori! Uno di voi gli è che m'ha fatto questo spregio!» - Loro gli si buttano ai piedi piangendo: - «Maestà, noi siamo innocenti!» - «Ah!» - dice - alzatevi. Almeno andate in cantina a prendere qualcosa da bere.» - E va da' signori e dice: - «Signori, ci è questo e questo. Si contenteranno di rinfrescarsi. Ormai la disgrazia qui c'è: qualche astro maligno, qualche fata che mi vol male assoluto.» - Gli òmini di corte vanno alla cantina e trovano il lago, più di mezz'omo. Urlano! - «Maestà, abbiate bontà di venire con noi, perchè...» - Va giù e vede tutto un lago, tutto buttato. Torna in su e dice a' signori: - «Signori, abbiano bontà. Veggon bene, non ho neppure da dar loro a rinfrescarsi. Questi birbanti chi sono?» - E piangeva per la vergogna. - «Ma domani sera, signori, metterò le guardie doppie. Così non seguirà. Perchè il primo che io posso scoprire, il pezzo più grosso dev'essere un chicco di rena.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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