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      E stesa la mano sinistra e quella posta sovra il capo de l'imagine, tirò fuor un pugnale, e con quanta forza puotè, quello ficcò ne le schiene a la statua. Faustina che sotto il letto era e sentì la percossa, tirò le funi, di modo che l'imagine tutta si scosse. Marco Antonio, pensando che la moglie volesse levarsi, le diede un'altra ferita e passolla di banda in banda. Era da la prima ferita uscito di quell'umor rosso pure assai, e medesimamente dalla seconda29; il perchè egli sentendo che la moglie più non si moveva,]
     
      [11] I costumi toscani richieggono che il latte ed il miele spruzzino casualmente sulle labbra del Re. Nelle varianti meridionali ch'io posseggo, con miglior motivazione (dal punto di vista estetico), il Re lecca quel sangue volontariamente sul coltello, perchè la superstizione popolare porta, che chi così fa, non è poi tormentato da rimorsi.
     
     
     
      IV.
     
      LA BELLA GIOVANNA[1].
     
      C'era una volta un contadino, che aveva una figliola bellissima, vispola e di mente fine, sicchè l'era il passatempo del vicinato, nè si metteva su una veglia senza invitarci la ragazza, della quale[2] il nome, per quel che ne dicono le storie, fu Giovanna. Nella città vicina al paese di Giovanna comandava un Re, che pur lui aveva una figliola di molto bella, ma al contrario di Giovanna, s'addimostrava in viso seria e melanconica, e a nissuno era riuscito mai di farla ridere. Il Re suo padre stava molto in pensieri per questo naturale della figliola e s'ingegnava a tutto potere ogni dì a trovare qualche cosa di novo e d'allegro e buffone, acciò la ragazza si rallegrasse: ma tutto fu inutile[3]. Un giorno il Re discorrendo co' suoi cortegiani, uno di loro gli fece assapere, come nel villaggio presso la città fosse un contadino, padre di una figliola tanto gaja, che dov'essa era, la malinconia pareva bandita.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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