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      Venuta l'ora del ristorarsi e conversare assieme, Giovanna diede alle compagne di quelli scelti cibi, ma non disse da dove li aveva portati via, e discorse tanto e di tante altre cose, sicchè nessuna gli domandò nulla. Il Re della città in quel medesimo giorno teneva corte bandita, e di molti e di gran parentato erano gl'invitati. Ma seduti a mensa, non ci fu verso che potessero mangiare le pietanze apparecchiate, talmente erano amare di sale[9]. Al Re montò la mosca al naso e fatto chiamare il coco, con un viso da Orco gli chiese ragione dell'avvenuto. Il pover'omo, tutto umile e sorpreso, gli protestò che di certo non ci aveva colpa, perchè aveva messo il sale nelle pietanze secondo il solito e non capiva come la cosa fosse accaduta. Ma il Re gli dette poca retta, e condannatolo a stare in prigione per qualche giorno, gli ordinò un altro gran pranzo per la ventura settimana; poi rimediato alla meglio al disappunto de' convitati, li accomiatò. Il coco, uscito di prigione, stava apprestando un altro pranzo reale e con premura badava alla misura del sale: ma allontanatosi per qualche necessità dalla cucina, Giovanna, che stava alle vedette, gli fece la medesima burla; per cui il pranzo del Re riuscì un'altra volta disgraziato. Il Re, imbestialito, fatto chiamare il coco, gliene disse delle nere ed era risoluto che gli si tagliasse la testa in piazza. Il coco, sentendo questo, si buttò in ginocchioni e assicurava il Re della propria innocenza con tante lacrime, che il Re si commosse.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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