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      Jamu a li sbannuti. Quannu si sbriacaru, cuminciaru a dirisi: Chi si' curiusu! ti manca lu nasu! - E a tia lu labbru! - E a tia lu jìditu! - E ddocu cunsiddirati la rabbia.» -
     
      [13] Siccome non ho altro da darvi, e più giù siccome ti voglio bene, e siccome io non tengo rancori. Daccapo siccome nel significato di poichè! Sozzo gallicismo, che mi urta i nervi. Figuratevi come li debba avere urtati, poichè veramente l'uso di questo siccome è divenuto universale. Mi amareggia persin la lettura dell'autobiografia alfierana.
     
      [14] Così nella rappresentazione di Don Giovanni, ho sentito il burattinajo far dire alla statua del commendatore: Pèntiti, Don Giovanni! e far rispondere al protagonista: Non mi voglio pèntere!]
     
     
     
      V.
     
      IL MONDO SOTTOTERRA.[1]
     
      C'era una volta un omo che aveva tre figlioli. Si sa bene che più che vecchi non si campa; quest'omo, prima di morire, chiama i figlioli al letto e gli dice: - «Sentite ragazzi. Vedete, io sono per morire: mi raccomando che voi stiate in pace. E questo po' di roba, fatene le parti uguali.» - Dunque questo viene a morte, e non se ne parla più; e rimane questi tre figlioli poeri[2]. - «Come si deve fare?» - dicono. - «Si venderà questo po' di roba e ci si metterà in viaggio per vedere se si fa fortuna.» - Vendon la roba e poi vanno via. Quando sono per la strada camminan quanton[3] posson camminare, e si mettono in un'osteria a mangiar qualcosa, perchè avevan fame, sapete? Poi si rimettono in viaggio e cammina cammina si trovano sur una bella piazza.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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