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      Domandò cosa fosse quel rumore insolito che sentiva. E gli fu risposto che una giovine sorella di due guardie reali della Regina, aveva preso quartiere di faccia alla camera del Re, e che essendo tanto bella, la gente andava a vederla; si fermava lì sotto alle finestre a vederla che era seduta al suo balcone. Il Re sentì desiderio di vedere questa ragazza: s'affacciò alla finestra e disse: - «È tanto bella che mi rammenta la mia Uliva.» - Informata la Regina madre di questa impressione del Re, di questa parola, sente nascere una grande avversione per questa ragazza. E non sapendo come più facilmente poterle nuocere, mandò a chiamare una vecchia strega che era la sua intima confidente. La strega le disse che era difficile nuocere a questa ragazza, perchè la Regina delle fate la proteggeva; ma che l'unico mezzo era quello di salutarla e dirle: - «Bella, tu se' bella! ma se tu avessi l'acqua che balla, che canta e che sona; l'albero del sole; e l
      'Uccel Bel-Verde[2]; saresti anche più bella.» - La sera appresso, sulle ventitrè, quando la bella Amalia si metteva sul balcone a lavorare, la Regina si affacciò e le disse: - «Bella, tu se' bella! ma se tu avessi l'acqua che balla, che canta e che sona; l'albero del sole; e l'Uccel Bel-Verde; saresti anche più bella.» - Appena dette queste parole alla povera Amalia, che soleva essere di carattere tranquillo e molto allegra, le entrò una smania addosso che non le diede più pace. Principiò a piangere dirottamente; e quando vennero i suoi fratelli, la trovarono immersa nelle lagrime.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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