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      Dovo sono, che non gli sento?» - E la Regina vecchia, con un visuccio tutto dispettoso: - «Eh! sì, che ve ne potete tenere de' be' figlioli, che avete regalato al Re vostro marito! Non ve gli hanno fatti vedere per non darvi ascherezza. Ma tanto non c'è rimedio, e bisogna che in tutti i modi vo' gli vediate. Belli! mirate che be' canini vi son sortiti di corpo.» - A quella vista la sposa si svenne e gli entrò una gran febbre addosso, sicchè vagellava e non sapeva quel che si dicesse: ma intanto quella vecchiaccia della su' socera aveva scritto al Re che tornasse subito; e lui, fatto una pace all'infuria, veniva via a spron battuto, chè non gli pareva che il cavallo corresse mai abbastanza. A male brighe arrivato e sentite le novelle, s'incattivì a buono, e la su' mamma l'aizzava. Sicchè lui ordinò che venissero de' muratori; e, cavata di letto la moglie, la fece murar viva in cucina vicino all'acquaio con solo una finestrina per dargli tutti i giorni un po' d'acqua e un po' di pane, tanto perchè non morisse; e i servitori dovevano sbeffarla e maladirla in pena della su' mal'azione. Ma torniamo alla cesta co' bambini dentro, buttata nella gora del palazzo. Questa gora finiva in un bottaccio di mulino, e, come si sa, i mugnai ogni tanto s'affacciano per vedere se c'è acqua per far girare le macine. Il mugnaio di quel mulino s'avvedde dunque una mattina che nel bottaccio c'era una cesta a galla che veniva adagio adagio in verso la cascata: lui, lesto, corre e piglia una pertica, e tanto fa che tira a proda la cesta, e quando l'ebbe aperta ci scopre que' tre bambini sempre vivi e che piangevano dalla fame.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Regina