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      Urlando tutti: - «Evviva gli sposi! Evviva gli sposi!» - Il padre si trattiene otto o dieci giorni in questo bel palazzo, fra queste belle robe, dicendo: - «Che sorte è stata questa per la me' figliola! Che signore è questo!» - Fra sè diceva: - «Io mojo contento per avere accasato una figlia a questa maniera.» - Eccoti il giorno viene: - «Io domani parto, non posso fare di meno, gua'!» - La mattina all'ora fissata - «Addio!» - «Addio!» - Bacia la figliuola: - «Ci scriveremo!» - E va via, e torna al suo posto. Venghiamo agli sposi che ogni giorno di bene in meglio, di bene in meglio, sempre più cresceva l'abbondanza. Un giorno la dice la gattina allo sposo: - «Avrei bisogno di parlarti in disparte.» - «Quando tu vuoi. Quando ho finite le mie occupazioni, io verrò da te e sarò a sentire quel che tu vuoi.» - Quando ebbe finito quel che doveva fare, eccoti, va di là dalla gattina: - «Cosa vuoi da me?» - «Ora, aspetta un po'!» - e serra tutti gli usci, bussole, - «Voleva sapere una cosa da te; ma bada di dirmi la verità!» - «Te lo giuro. Dimmi, cos'è questo che mi vuoi domandare?» - Dice: - «Abbi da sapere che io son vecchia.» - «Ebbene?» - dice il ragazzo. - «Eh sai bene che più che vecchia non si campa. Un giorno io devo morire. Tu vedi il bene che io t'ho fatto. Se io morissi, cosa faresti di me?» - «Ah! Ah!» - si mette a piangere questo sposo. - «Ahi! Ahi! non discorriamo di queste cose!» - dice piangendo. - «Ah! non mi affliggere!» - Dice la gattina: - «Non credo di affliggerti.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708