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      Ed andatisi insieme al fiume, nel luogo che era vicino al palazzo reale, la gatta spogliò il patrone, e di comune concordia lo gittò nel fiume; dopo si mise ad alta voce a gridare: Ajuto! ajuto! Correte, correte! che messer Costantino s'annega! Il che sentendo il Re, e considerando che molte volte l'aveva appresentato, subito mandò le sue genti ad ajutarlo. Uscito di acqua messer Costantino e vestito di buoni panni, fu menato dinanzi al Re, il qual lo ricevette con grandi accoglienze. Et addimandatolo per qual causa era stato gettato nel fiume, non poteva per dolor rispondere. Ma la gatta, che sempre gli stava dappresso, disse: Sappi, o Re, che alcuni ladroni avevano per spia il mio patrone esser carico di gioje, per venire a donarle a te; e del tutto lo spogliarono; e, credendo dargli morte, nel fiume lo gettarono; e per mercè di questi gentiluomini fu da morte campato. Il che intendendo il Re, ordinò che fusse ben governato ed atteso. E vedendolo bello, e sapendo lui esser ricco, deliberò di dargli Elisetta sua figliuola per moglie e dotarla di oro, di gemme e di bellissime vestimenta. Fatte le nozze e compiuti i trionfi, il Re fece caricar dieci muli di oro e cinque di ornatissime vestimenta, ed a casa del marito da molta gente accompagnata la mandò. Costantino, vedendosi tanto onorato e ricco divenuto, non sapeva dove la moglie condurre; ne fece consiglio con la sua gatta, la quale disse: Non dubitare, patron mio, che ad ogni cosa faremo buona provvisione. Cavalcando ognuno allegramente, la gatta con molta fretta camminò avanti, et essendo dalla compagnia molto allontanata, s'incontrò in alcuni cavalieri, ed a quelli ella disse: Che fate quivi, o poveri uomini?


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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