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      Venghiamo alla Cenerentola che va su: - «Uccellin Verdeliò, fammi più brutta ch'io non so'!» - Non gli risponde l'uccello. Quando la gnene ha detto tre o quattro volte, gli risponde: - Briccona! bisognerebbe che non ti facessi divenire più brutta, ma....» - e la fa divenire brutta e poi gli dice: - «Ora e che vuoi fa'? Tu siei scoperta.» - La si mette a piangere, piangeva proprio. Venghiamo alle sorelle che tornano: - «Ce-ne-reen-to-laa!» - Eh figuratevi questa sera, non gli risponde, cheh! - «Guarda che bella tabacchiera! Se te fossi venuta, la potevi aver te.» - «Non me ne importa nulla! Escite di costì!» - «Andiamo, andiamo; venite a cena»-dice suo padre. Vanno a cena ed è finito. Venghiamo ai servitori che tornano con la pianella e il numero dell'uscio. - «Che dimani» - dice Maestà - «appena fatto giorno voi andiate a questa casa; prendetemi la carrozza e portatemi questa signora nel palazzo.» - I servitori prendon la pianella: quella che gli stava, era lei; e vanno via. E picchiano. Si affaccia suo padre: - «Oh dio! è la carrozza di Sua Maestà! cosa ci sarà?» - Tiran la corda e van su i servitori. Vanno su. - «Cosa mi comandano?» - gli dice il padre, gua', a questi servitori. - «Quante figlie avete voi?» - Dice: - «Due.» - «Bene, fatecele vedere.» - Ecco il padre le fa venire di qua. - «Mettetevi a sedere» - dicono a una di quelle. Gli provano la pianella, cheh! la ci entrava dieci volte. Quest'altra si mette a sedere: gli era piccola. - «Ma ditemi, galantomo, non avete altre figlie voi?


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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