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      Sicchè, mesta e piagnucolosa e mettendo un piede innanzi e due addietro[2], avviossi verso il bosco dove stavano le Fate. Quando la Caterina fu in sull'entrata del bosco, gli si fece incontro un Vecchietto; e, vistala a quel modo dolorosa, gli domandò: - «Che avete voi, bella ragazza, che parete tanto afflitta?» - La Caterina gli raccontò allora tutti i suoi mali, e che in casa non la potevano soffrire, e ora la mandavano alle Fate per uno staccio, perchè le Fate la sciupassero e la imbruttissero. Disse il Vecchietto: - «Non abbiate paura di nulla. V'insegnerò io com'avete da condurvi. E se m'ascolterete, non ve n'avrete da pentirvene. Ma prima ditemi un po' che cosa ho qui 'n capo, che mi sento tanto prudere.» - Il Vecchietto piegò un tantino la testa. E avendogliela la Caterina esaminata, disse: - «Ci veggo perle ed oro.» - Disse il Vecchietto: - «E perle ed oro toccheranno anche a voi. Statemi a sentire e fate quel che vi dico. Quando sarete alla porta di casa delle Fate, picchiate ammodo; e se vi diranno: Ficcate un dito nel buco della chiave; vi ficcherete uno steccolo, che ve lo stroncheranno. Aperto che sia, vi condurranno diviata in una stanza, dove mirerete tanti gatti; e chi cucirà, chi filerà, chi farà la calza, e insomma, tutti occupati a qualche lavoro: e voi adopratevi senza invito ad ajutargli ed a fornire l'opera ad ognuno. Dopo anderete in cucina; e anche lì saranno gatti alle loro faccende; ajutategli come quegli altri. Un po' più in là sentirete chiamare il gatto Mammone, e tutti i gatti gli racconteranno quel che avete fatto per loro.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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