Se ne vissero e se ne godettero, e in pace sempre stettero.
NOTE
[1] Cf. Pitrè (Op. cit.) XXI. Lu spusaliziu di 'na Riggina c'un latru.
[2] Vedi Straparola, notte III, fav. IV. - «Fortunio, per una ricevuta ingiuria, dal padre e dalla madre putativi si parte, vagabondo capita in uno bosco dove trova tre animali, dai quali per sua sentenza è guiderdonato: indi entrato in Polonia giostra, et in premio Doralice figliuola del Re, in moglie ottiene.» - L'aquila, il lupo e la formica avevan dato a Fortunio di prender le forme loro a piacimento: - «Doralice mesta si ridusse sola in una cameretta non meno ornata che bella, e stando così solinga con la finestra aperta, ecco Fortunio il quale, come vide la giovane, fra sè disse: Deh, che non son io aquila! Nè appena egli aveva fornite le parole, che aquila divenne. E volato dentro della finestra e ritornato uomo come prima, tutto giocondo, tutto festevole se le appresentò. La Pulcella, vedutolo, tutta si smarrì e (sì come da famelici cani lacerata fusse) ad alta voce cominciò gridare. Il Re, che non molto lontano era dalla figliuola, udite l'alte grida, corse a lei; e inteso che nella camera era un giovane, tutta la zambra ricercò; e, nulla trovando, a riposare se ne tornò, perciocchè il giovane, fattosi aquila, per la finestra si era fuggito. Nè fu sì tosto il padre postosi a riposare, che da capo la Pulcella si mise ad alta voce gridare, perciocchè il giovane come prima a lei presentato si aveva. Ma Fortunio, udito il grido de la giovane e temendo della vita sua, in una formica si cangiò e nelle bionde trezze della vaga donna si nascose.
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