E lo sparso cerebro in sulle spondeNe vede e 'l busto volteggiar sull'onde.
[5] Fra' pregi della Novellaja fiorentina non puņ annoverarsi certo quello di dar giuste nozioni ed esatte di diritto internazionale. Pari in pari non ha imperio.
XVIII.
IL RE CHE ANDAVA A CACCIA.[1]
Il Re che si divertiva alla caccia, un giorno, mentre era alla caccia, si fa un temporale di fulmini, di tutto. Loro (il Re e i suoi signori, che vanno insieme) scappano chi di qua chi di lą. Nello scappare inciampa in un mazzo di chiavi. Prova qui, prova qua, sur una piazza si trovorono, non apriva che un bel palazzo. Loro aprono e vanno su e domandano: - «Si pole?» - Uh, nessun risponde. Trovano, gira, gira, una bella stanza con una tavola apparecchiata, ma imbandita per trenta persone. Chiama chiama, nessuno risponde. Si mettono a mangiare, gua', se nessuno rispondeva! Dopo che gli hanno mangiato, principiano a girare il palazzo; e vedono da lontano tutto una quantitą di lumi, tutto un chiarore: si vedeva bene che c'era una illuminazione, gua'. Vanno in lą, entrano in questa stanza e vedono un catafalco alto, con una donna morta, una bella giovine morta. Maestą dice: - «Guardiamo se la si porta gił.» - a que' signori. La portan gił per vedere se la non era morta, la mettono sur un sofą e il Re comincia a fare: - «Ah che peccato, questa bella giovane, che sia morta! guardate che be' capelli!» - Nel far cosģ, nel lisciarla, gli sente un bozzolino in capo; gnene tira via e la risuscita. Gli era uno spillo ficcato, uno spillo tanto lungo.
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Fra Novellaja
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