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      La figliola gli era un pruno negli occhi e non poteva soffrirsela d'attorno. E gli crebbe tanto l'odio e la rabbia contro il proprio sangue, che deliberò ammazzare la Bell'Ostessina, dove non gli riuscisse ridurla imbruttita. Piena di stizza, l'Ostessa cominciò a tenere la figliola sempre chiusa, a dargli poco da mangiare e a strapazzarla in tutti i modi acciò la cascasse in isfinimento; ma, non si sa come, la ragazza non ne pativa nulla e la bellezza gli cresceva. La madre avrebbe dato il capo per le mura; e finalmente deliberò di cavarsi la figliola dinanzi agli occhi e finirla. Per non dare sospetto, chiamò un servitore, su cui gli pareva poterci contare, e gli diede ordine di condurre la Bell'Ostessina in un bosco e lì ammazzarla, e poi a testimonianza del fatto portare a lei le mani, il core e una boccetta piena del sangue della figliola. Il servitore, a quel comando, rimase di sasso; ma, conoscendo l'umore della padrona, temette che rifiutandosi non salvava di certo la ragazza, perchè la barbara madre in un modo o in un altro l'avrebbe scannata. Disse dunque di obbedire e il giorno dopo andò nella camera in cui era chiusa l'Ostessina e gli fece assapere che la sua mamma voleva che lui la menasse un po' a spasso in poggio a svagarsi. L'Ostessina, che era di cuor bono, non sospettò a male; anzi la si persuase che la sua mamma si fosse rimutata; però quest'idea gli era venuta con un tantino di turbamento: pure la si vestì de' meglio abiti e col servitore avviossi al bosco nel poggio vicino.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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