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      Cammin facendo, il servitore stava sopra a pensiero, e non sapeva capacitarsi di dovere ammazzare quella bellissima creatura e mulinava al come avrebbe salvato capra e cavoli[2]. Nel frattempo giunsero in mezzo del più folto del bosco. Qui il servitore, buttatosi in ginocchioni, raccontò all'Ostessina quel che la sua mamma gli aveva comandato. L'Ostessina a quella scoperta si sentì tutta diacciare e quasi la dubitava una invenzione del servitore. Ma questo gli giurò che pur troppo era vero quel che diceva e che bisognava pensare a rimediarci, sicchè l'Ostessa non la pigliasse con lui se disobbediva e non s'arrapinasse per trovare la figliola per finirla dove sapesse che non era stata morta. L'Ostessina disperata disse: - «Piuttosto che vivere così e odiata dalla mamma, voglio morire. Ammazzami dunque e esegui quel che lei ti ha ordinato.» - Ma il servitore replicava: - «Ma vi pare che sia tanto spietato e birbone? V'ho menato qui apposta per salvarvi e vi salverò a tutti i patti!» - Nel mentre che que' due discorrevano contrastando, venne a passare un pecoraio con di molti agnellini nati di poco. Al servitore gli nacque il pensamento di comprarne uno, scannarlo e cavargli il core, e portar questo assieme col sangue all'Ostessa, dandogli ad intendere che fossero della sua figliola: ma le mani? La ragazza disse: - «Tagliamele, che l'avrai.» - E il servitore: - «Come volete campar la vita senza le mani? Ne farò di meno.» - Comprato dunque l'agnellina, il servitore messe ad effetto quanto aveva macchinato.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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