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      Fece fare de' bellissimi abiti alla reale e una corona di oro piena zeppa di pietre preziose, e dappertutto messe del veleno, che al solo toccarlo credeva fosse capace di fare morire; poi, chiamati diversi servitori, li mascherò con livree e gli comandò di andare al palazzo della Fata, di cercare l'Ostessina e presentargli quelle robbe come un dono del Re suo amante. Quelli ubbidirono appuntino. L'Ostessina credette davvero che i servitori venissero da parte del Re; sicchè, presi gli abiti e la corona, senza frappor tempo se ne acconciò. Ma di lì a poco cascò morta in terra. Quando la vecchia Fata rivenne a casa e trovossi a quella tragedia, imbizzarrita disse: - «Tu l'hai voluta, e sia. Ora poi non ti rinvivisco a nessun patto. Ma anche questi luoghi tu me gli hai fatti venire in uggia.» - Presa quindi in su le braccia la giovane, costruito un ricco catafalco nel mezzo del salone e per arte magica circondatolo di ceri perpetuamente accesi, ci pose sopra il corpo morto vestito com'era alla reale. Poi chiuse tutte le finestre del palazzo; e statuì che dentro vi fosse per tre anni quanto occorreva per il servizio abbondante di tre principi; e trasmutata la posizione della selva perchè il palazzo non si ritrovasse tanto facile, serrò l'uscio di entrata e ne tolse seco la chiave; la quale, giunta al mare, ve la scaraventò nel fondo e dietro a quella andò lei medesima. Il Re, di cui s'è fatto menzione, e che era un bel giovane scapolo, ritornando alla caccia, rimase sbalordito non ritrovando più la via del palazzo in cui aveva veduto l'Ostessina, e si confondeva nel pensare come accadesse tal contrattempo.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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