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      Ed il giorno appresso, radunato un Consiglio, tutte e due le malvage donne dovettero morire legate assieme, bollite in quella caldaja di olio, che era stata ordinata per l'Ostessina e pe' suoi figliuoli. Cosě il Re e l'Ostessina, liberati da ogni paura, regnarono amati da tutti; e se non fossero morti per la vecchiaja, vivrebbero tuttavia.
     
      Il fosso sta tra il campo e tra la via;
      Dite la vostra, che ho detto la mia.
     
     
      NOTE
     
      [1] Variante assai piů compita della Fiaba precedente, intitolata: Il Re che andava a caccia. La debbo al prof. avv. Gherardo Nerucci. Vedi quel che dice non so quale dei due Grimm a proposito dell'interessantissima tradizione popolare contenuta in questa fiaba, nell'introduzione alla traduzione tedesca del Pentamerone, fatta dal Liebrecht. Č in fondo una cosa stessa con La Scatola di cristallo, Novellina popolare Sanese, raccolta da Giuseppe Pitré. Palermo, tip. del Giornale di Sicilia, 1875. Questa versione del Nerucci contiene degli episodi forse appartenenti ad altre fiabe. Vedi, nelle note al Malmantile, secondo cantare, stanza sesta, la spiegazione del proverbio: Non č piů 'l tempo che Berta filava, dove c'č qualcosa che ricorda anche il nostro Re Avaro ed il Luccio: - «Pipino, Re di Francia, per mezzo di suoi Ambasciatori sposň Berta dal Grampič, figliuola di Filippo, Re d'Ungheria: la quale, avendo saputo, che questo suo sposo era brutto e nero, mal volentieri s'accomodava a dare il consenso; ma pare, vinta dalla reverenza dovuta al padre, condescese. Arrivata in Francia, lasciandosi governare dal giovenil sentimento, richiese Elisetta di Magonza, sua segretaria (la quale d'Ungheria, dove era nata del Conte Guglielmo di Magonza, ribelle di Francia, se ne veniva con Berta a Parigi) che volesse, fingendosi la sua persona, in sua vece sposarsi con Pipino, il quale, e per la somiglianza che era fra lor due, e per non aver Pipino mai veduta Berta, non l'avrebbe assolutamente riconosciuta.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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