E forse allor n'avrà misericordia.
E digli: - «Questo è il cor di Filovevia,
Che fu più tuo, che suo; per questo, meritamenteella il manda a te.» - Ma bene avvisoti,
Che gli dii a poco a poco la gratissimaNova della mia morte, acciò che 'l subito
Piacer di udir, ch'io giaccia morta, similementenon tragga lui di vita. Spacciati
Tosto e non mi tener di grazia a strazio.
Melibeo.
O ninfa, il tuo parlar non fa quell'opera,
Che pensi; il tuo parlar mi cangia d'animo;
Io getto il ferro; io ti disciolgo. Or vatteneDove vuoi, ch'io mai non potrei ucciderti.
Filovevia.
E come ubbidirai colui, che impostotiHa, che mi uccida?
Melibeo.
Non ci è alcun rimedioSe non un sol, che tu sola puoi porgermi.
Filovevia.
Deh leva me di grazia di miseria,
Te d'obbligo, et Ergasto di molestia.
Dapoi ch'Ergasto et io vogliamo, uccidimi.
Melibeo.
Deh invece de l'onor del beneficio,
Ch'io ti fo, dammi tu questo rimedio.
Filovevia.
Qual'è?
Melibeo.
Che vadi sì lungi d'Arcadia,
Che di te non s'intenda. Deh di graziaVattene e fammi questa grazia.
Filovevia.
Andrommene,
Poi che ti piace, in sì lontana patria,
Che mai più non sarò vista in Arcadia.
Andrò tra fiere e farò esperienzia,
Se Ergasto può impetrar quel, che desidera,
Senza sua nè tua colpa; e so, che abbattermiNon potrò in fiera peggior d'esso.
Melibeo.
Or vattene.
Io dirò, che t'ho ucciso; e in testimonioTingerò il ferro, per poter mostrarglielo,
Nel caldo sangue d'un monton.
Filovevia.
Deh tingiloNel caldo sangue d'un capro e poi daglielo,
E fa prova se quel sangue può rompereIl diamante.
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Filovevia Ergasto Ergasto Arcadia Arcadia Ergasto
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