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      Eccoti l'Orco, che torna a casa. - «Mucci, mucci, che[6] sito di cristianucci; o ce n'è o ce n'è stati, o ce n'è degli impiattati.» - «Eh, chetatevi!» - dice l'Orchessa - «Venite a cena, che si vada a letto! Sempre delle buffonate!» - Eccoti l'Orco mangia e va a letto. E la mattina va via, perchè lui andava via presto. Dice l'Orchessa a queste ragazze: - «Poerine» - dice - «io vi do da mangiare; ma salve non vi fo, perchè, se torna, vi mangia. Non vi sarebbe altro vi mettessi su quel tetto, perchè su codesto tetto lui non ci va.» - L'Orco non ci poteva andare. Te le fa andare e mettere sur un tetto. Eccoti l'Orco, che torna; si volta in su: - «Ah briccone, or'ora voi siete mie! Lo diceva, che ci erano i cristianucci!» - Dunque va a casa e rimprovera la moglie. Dice: - «Che so io di bambini? Che conosco io le case degli altri? In casa mia non v'erano» - dice la moglie. Eccoti l'Orco va e picchia a tutte le case, perchè gli aprissero; voleva andare a prendere le figliole. Nessuno gli rispondeva: eh! che eran minchioni, che volevano aprire all'Orco? Lui va a casa e prende tutti i fiaschi, fiaschi voti[7]; e principia a fare una scala, avete inteso? con questi fiaschi e diceva: - «Ora le chiappo!» - Quando gli ha fatto tutta questa scala, si mette a salire. Figuratevi co' fiaschi questa scala! Quando gli è neppure a metà, gli vien di sotto e riman morto. Allora l'Orchessa, la va a prendere le bambine e la le tiene per sue figliole proprio, veramente; e ricche le erano. Quando le furono grandi, lei le maritò e stiedero sempre bene e sempre in pace con questa donna.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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