...» - «Ciò l'Imbriani sceglie a preferenza, affinchè avesse un addentellato....» - Ed il poverino, senz'accorgersene, dimostrava così la giustizia della sua condanna.]
[3] Traduzione pretta del Virgiliano:
Sic volo, sic iubeo; sit pro ratione voluntas.
[4] Più d'un lettore aggrinzerà il naso a questa parola, dimenticando che naturalia non sunt turpia. Ma i nostri maggiori non erano tanto schivi, quanto siamo noi, più forse per cresciuta ipocrisia, che per migliorata costumatezza. Dicevano le cose loro semplicemente, ingenuamente, senza malizia. Ne' Miracoli d'Amore, favola pastorale di Vincenzo Iacobilli (Roma M.DC.I), per esempio, Ranocchia villano è soprappreso da doloretti viscerali:
Ranocchia.
Che dïavol sarà? fan gran fracassoì
Le budella nel ventre. Oh gran dolore!ì
Quello caldajo di ricotta calda,ì
Che poco fa mangiai, n'è la cagione.ì
Ohimè, che sarà questo? par, che tengaì
Cinquecento folletti entro la pancia.ì
Meglio sarà, che a scaricare il corpoì
Vada dietro a questi arbori, che forseì
Si partirà la doglia.
Corimbo.
Io cerco il mio padron per dargli nuovaì
Di duo agnellini, che son nati or'ora.
Ranocchia.
Dïavol fa, che m'escan le budella.
Corimbo.
Qualche rozzo villan dev'esser quello.ì
Gli vo fare una burla. Vo gridareì
Al lupo. Al lupo! Al lupo! Vien pel bosco!ì
Pastor fuggite e salvate la greggia.ì
Fuggi, fuggi villan, s'esser non vuoiì
Dal lupo ucciso.
Ranocchia.
Cancaro! m'è forzaì
Con le brache calate fuggir via:ì
Sia quel, ch'esser si vuol, purchè ne scampi.
C'è della goffaggine; nol nego.
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