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      Ma il fornaio tenne bene a mente quelle parole; motivo per cui tirava su le figliole da signorine, perchè lui diceva che una di loro l'avea da sposare un signorone, e l'altre due dietro a quella l'avrebbero fatto altrettanto[2]. Per tornare un passo addietro, quell'omo vestito di nero, quel giorno che si fermò alla bottega del fornaio, fece una carezza per una alle tre bambine, e gli regalò un anellino molto bello. Quelle bambine, le si ricordavan sempre di quella carezza e di quell'anello; e specialmente la maggiore l'era sempre a guardarselo in dito. Loro eran già diventate grandi e il fornaio aspettava il signorone, quando un giorno stando la maggiore alla finestra tutta impensierita, vede nella strada quello stesso signore, che aveva veduto da piccina e neanche cangiato d'un neo. Questo signore, che si chiamava Centomogli, entrò in casa; e, senza tanti discorsi, chiese al fornaio la figliola maggiore in isposa. Ma il fornaio furbo disse che non gliela avrebbe data, se prima non vedeva la casa dove dovea andare. Centomogli rispose che era giusto; e subito, fatta attaccare una carrozza, vi fece salire il fornaio; e poi via come il vento, arrivarono ad una bellissima villa con tanti bei loggiati di marmo e tante statue, chè il fornaio non n'aveva mai vedute di simili. Figuratevi se rimanesse a bocca aperta! Centomogli scese col fornaio; picchiò alla porta, che subito fu aperta da un gran gattone nero, che non finiva mai di far riverenze al padrone. Centomogli, dopo aver dato ordini per un gran pranzo al gatto, menò il fornaio a vedere quella villa, dove dovea andare la sua figliola.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Centomogli