Poi, scesi in giardino, si diedero assieme a cercare del Mostro; e, giunti davanti al cespuglio delle rose, eccotelo sbucar fori in tutta la sua
bruttezza e terribilità. La Zelinda dalla paura diventò bianca e gli tremavano le gambe. Disse il Mostro al pover'omo, dopo avere guardata fissa la Zelinda con due occhiacci infocati: - «Sta bene: tu hai mantenuta la promessa. Ora vattene, vecchio; e lascia quì sola la ragazza.» - Il pover'omo si sentiva morire dalla paura; e non meno dolorosa se ne stava la Zelinda. Ma, per preghiere, che facessero, il Mostro rimase duro come un sasso; sicchè bisognò, che il pover'omo se ne andasse, abbandonando la figlia, la sua cara Zelinda, alla discrezione del Mostro. Quando il Mostro fu solo colla Zelinda, principiò a farle carezze e moine; e tanto s'adoperò, che gli riuscì rendersi amabile a lei. Non la lasciava mancar di nulla. E tutti i giorni, discorrendo con lei nel giardino, gli domandava: - «Che mi vuo' bene? Vuo' tu diventarmi sposa?» - Ma la ragazza rispondeva: - «Signore, vi vo' bene sì, ma non diventerò mai vostra sposa.» - E il Mostro si addimostrava molto addolorato; e raddoppiava carezze e buoni garbi; e, sospirando a modo suo, diceva: - «Eppure, se tu mi sposassi, accaderebbe una cosa di molto maravigliosa. Ma non te la posso dire, fino a che tu non voglia essere la mia sposa.» - La Zelinda, sebbene non si trovasse lì malcontenta, pure di sposare il Mostro non se la sentiva punto, perchè troppo brutto e bestiale; quindi alle richieste del Mostro aveva sempre pronta la medesima risposta.
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