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      E non ci fu versi di tramutarlo da quel deliberato, per preghiere e pianti degli innamorati. Per cui, non vedendo altro rimedio, il giovane e Zelinda fissarono scappare assieme di notte tempo. E, travestiti da pitocchi, a piedi uscirono fori dal palazzo alla chetichella; e si posero in cammino per la campagna. Zelinda e il suo sposo, dopo avere viaggiato un giorno intero così alla ventura, in sull'abbujare entrarono in una selva e vi si smarrirono. Gira di quà, gira di là, non trovavano la via ad uscirne; ed erano sul punto di sgomentarsi e darsi ormai per perduti e per morti, quando lontan lontano scorsero un lumicino.[7] A tentoni si diressero laggiù, finchè giunsero alla porta di una spelonca e picchiarono colle nocche delle dita. Dopo qualche momento, s'affaccia a un finestrino una donna, che aveva due zanne di porco sporgenti fori delle labbra, che con una vociaccia sgangherata gridò: - «Chi siete? che volete a quest'ora?» - Disse il figliolo del Re delle Pomarance: - «Siam due poverelli, marito e moglie; e ci siam smarriti in questa selva. Dateci in carità ricovero per la notte e un pò di pane, che siam stanchi.» - «Oh! meschini!» - sclamò la donna dalle zanne, - «dove siete mai capitati! Questa è la casa dell'Orco; e io sono la sua moglie. Scappate, ma presto, chè a momenti torna. E se vi sente e vi trova, per voi l'è finita; vi divora tutti e due vivi in un ammenne.» - « O dove volete, che si vada?» - disse il giovane: - «Guardate di rimpiattarci in qualche logo riposto, e domani a giorno ce n'anderemo senza farci sentire.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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