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      » - «Eh tanto nce volea, pe' di' 'na parola?» - sse votaje 'a Prencepessa. Ss'abbracciajeno e sse vasajeno e sse cuccajeno tutt'e doje. E stiettere cuntente e felice. Loro stanno a Roma e nuje stammo ccà.
     
      Chi ha cuntate, 'nu piatto 'i rucate,
      [Chi ha scritte, 'nu piatto 'e turnise;]E chi ha 'ntiso, 'u penziero nce ha miso.
     
      [3] Su un. Cacofonia orribile, alla quale potrebbesi ovviare, od intercalando un r eufonico o dicendo su d'un; e voglio avvertire, che forse in questa locuzione, il d non è preposizione, anzi puramente incremento eufonico e che quindi sarebbe per avventura da scrivere sud un. Lo Ariosto, Canto II. Stanza XLI. del Furioso, bene ha detto:
     
      Che nel mezzo, su un sasso, avea un castelloForte e ben posto e a meraviglia bello.
     
      Ma il non esserci dieresi fra l'u accentata della preposizione e quella dell'articolo e l'impossibilità di pronunziare in una sillaba due u distinte ed entrambe accentuate giunta, ci avverte doversi dire e scrivere su 'n, aferizzando l'articolo indeterminato qui, come in mille altri luoghi.
     
      [4] Questo Mostro, che sta fra' rosai, in un roseto e tanto geloso delle sue rose, mi ricorda lo Scimmione d'un Esempio milanese, che si racconta a' bimbi, per impaurirli dall'andar soli a ruzzare lontano di casa.
     
      L'ESEMPI DEL SCIMBIOTT E DI ROS.
     
      Ona volta gh'era on sciôr e ona sciora; e eren in campagna e gh'aveven ona tosa. E sta tosa l'andava fœura de la porta; e soa mader ghe diseva: - «Vœui no, che te vaghet fœura de la porta ti de per ti.» - «No, no, vòo apenna chì de fœura.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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