Con queste apparecchiò tutti i giorni un desinare ai carcerati; sicchè di novo tutto maravigliato il carceriere corse dal Re, a raccontargli l'avvenuto. Il Re subito sceso nella prigione, quando seppe ogni cosa, disse al ragazzotto. - «Vo' tu vendermela la scatolina?» - «Perchè nò, Maestà? Magari!» - gli rispose il ragazzotto. - «Ma col medesimo patto di prima.» - «E io te l'accordo,» - disse il Re, - «co' medesimi patti di prima.»
- Stretto il contratto, il ragazzotto dormì un'altra volta colla figliola del Re; ma non la potè toccare, meno che colla punta di un dito. Il giorno dopo, il Re lo fece rimettere in prigione. I carcerati, vedendo di novo il ragazzotto, più che mai lo canzonarono; e bociavano: - «Ora poi la cuccagna è finita. Bisognerà bene adattarsi al pan nero e all'acqua di pozzo.» - «Pazienza!» - riprese il ragazzotto. - «Ma non mancherà l'allegria. Se non si desina da signori, si ballerà da matti.» - «Come, come?» - gridarono i carcerati. Disse il ragazzotto: - «Aspettate, che il Re sia quì sopra al convito, e vedrete.» - Di lì a un momento sonò la campana del pranzo reale; e i convitati, andati in sala col Re e la sua corte, si sedettero a mensa: quando il ragazzotto, tirato fuori l'organino, disse: - «Organino, comando, che tutti ballino alla mensa del Re;» - e si diè a sonare di gran forza. Come presi dalla mattìa, tutti cominciarono a ballare a furore nella sala del convito: uomini, donne, mobili; le stoviglie si sfrantumarono; le pietanze andarono per le terre; chi picchiava la testa ne' muri o nel soffitto da' gran sbalzi, che era obbligato a fare; il Re urlava a gola squarciata, non sapendo in che mondo si fosse.
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Maestà
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