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      La moglie, sentendo questo, s'imbizzarrì fuor di modo e lo trattò di mammalucco, perchè si fosse lasciato scappare il bel pesce d'in fra le mani. Disse: - «Bada bene di ricercarlo domani e portarlo a casa, che lo voglio. I' ho una bramosia di acconciarmelo in un intingolo da levarmi la fame per un pezzo.» - Il pescatore, il giorno di poi, fu al lago; e, buttate le reti, il pesce parlante c'entrò dentro. Ma alle suppliche sue il pescatore non seppe resistere, sicchè anche questa volta lo liberò; e, fatta abbondante pesca nel solito stagno, se ne rivenne a casa. Non è a dire se la moglie del pescatore uscisse fori da' gangheri, quando riseppe, che il pesce era stato chiappo daccapo e che il suo marito non l'aveva con sè. Messe le mani su' fianchi e con una faccia malandrina principiò a urlare: - «Grullo, che se' un omo di stoppa? Non te n'addai, che quì sotto gatta ci cova, e che è la fortuna, che ti viene incontro e tu la spregi? O domani tu mi porti il pesce o ti nimicherò finchè campi.» - Sospinto e incoraggito dagli sberci della moglie, il pescatore, la mattina dopo, arrivato al lago e buttate le reti, alla prima tirata il pesce c'era dentro: e senza badare alle parole sue, corse diviato a casa e lo porse vivo sempre alla moglie, che lo prese e lo messe in un catino d'acqua fresca. Lì stavano d'attorno a rimirarlo e a farci sù de' ragionamenti; e la donna fantasticava, cercando qual fosse il miglior modo di cucinarlo. Il pesce allora, tirato un po' fori dell'acqua il capo, disse: - «Giacchè veggo, che non c'è più rimedio e ho da morire, lasciatemi almeno far prima testamento.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708