» - Avendovi consentito il pescatore e la donna, il pesce soggiunse: - «Quando sarò morto, sparato e cotto, mangi le mie carni la donna, date a bere alla cavalla la broda della lessatura, buttate le ossa alla cagna, e le tre più grosse teghe mie piantatele ritte nell'orto vostro.» - Ammazzato il pesce e cotto, i due conjugi fecero appuntino quel, che il pesce gli aveva detto. E n'accadde, che la donna, la cavalla e la cagna, ognuna di loro insomma partorì tre creature mastie della sua specie, e le teghe piantate nell'orto crebbero e diventarono tre lance. Tanto queste, che le creature nate, si rassomigliavano così, che era impossibile riconoscerle fra loro senza mettergli un segno. Quando i fanciulli furono giovanotti grandi, il padre diede un cavallo, un cane e una lancia a tutti e tre, e ci aggiunse del suo uno stioppo da caccia. Ma non passò di molto tempo, che il primogenito si straccò di stare a casa povero. Sicchè volse andar per il mondo in cerca di fortuna. Montato dunque a cavallo, prese con seco il cane, la lancia e lo stioppo a armasollo, salutò quelli di casa, e, lasciando una boccetta turata piena d'acqua chiara, disse: - «Se quest'acqua s'intorba, venite a cercar di me: io, o sarò morto, o mi sarà intravvenuta qualche disgrazia. Addio.» - E partì al galoppo. Il primogenito, dopo avere camminato di molti giorni per paesi ignoti, s'imbattè alle porte di una grandissima città e popolosa, dove entrato, si maravigliò oltre credenza nel vedere tutti gli abitanti di quella vestiti a lutto e mesti in viso.
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