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      Incuriosito, ne
      domandò la ragione al primo incontrato. E seppe: come un Mago spaventoso con sette teste da lungo tempo compariva tutti i dì nel giardino reale al tocco di mezzogiorno, e divorava quanta gente gli capitava dinanzi; come il Re, a rimedio di peggio male, s'era obbligato col Mago di apparecchiargli a sorte un corpo umano al giorno; e come, quella mattina, la sorte era appunto cascata sulla stessa figliola del Re, e per questo la città tutta disperata vestiva di bruno.[3] Il giovane, che era coraggioso, disse: - «Non c'è forse modo di salvare la figliola del Re e liberare la città da simile flagello? Conducetemi al Re.» - Detto fatto, il giovane fu condotto alla presenza del Re; e gli chiese il permesso di combattere col Mago e di ammazzarlo. Il Re gli rispose: - «Giovane ardito, sappi che di molti prima di te si sono provati all'impresa, ma ci rimessero la vita. Se però anche te vuoi risicarla, io non te lo impedisco. E se tu vinci, quella mia figliola, oggi destinata per pasto al Mago, te la dò in isposa, e tu sarai mio erede nel Regno.» - Niente impaurito il giovane, ma di più messo al punto di diventare genero del Re e suo erede, si fece menare nel giardino reale, dove già la Principessa se ne stava in ginocchioni, raccomandandosi l'anima, aspettando l'apparita del Mago. Quando il giovane la vidde, gli si accostò e la chiamò per nome; e gli raccontò, che era venuto lì per liberarla dalla morte e poi sposarla. La Principessa, girati gli occhi inzuppi di lacrime, disse: - «Disgraziato, vai via! o il Mostro spietato avrà oggi due da divorare invece di me sola.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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